filo rosso-tre

Dalla collana autoprodotta ‘FILO ROSSO

VOLTI SPEZZATI

I volti di carcerati che il più delle volte vengono oscurati anche con la scusa della privacy, rendendoli ancor più uomini ombra.

Il contrappeso dell’errore sulla bilancia della nostra giustizia è il ferro delle sbarre. Spalle, schiene, occhi e nasi, bocche. Orecchie o parti di esse. Capelli. Ritagli di volti e di vestiti. Ci sono molto vicini, in un primo piano che suggerisce il contatto, l’immedesimazione, una certa empatia, ma divisi da noi da un taglio netto e sottile, che ne delimita e ne inquadra con gli spigoli l’identità. Che la spezza per contenerla, appoggiata ai colori che l’uomo attribuisce al cielo e alla cella.

Solo il taglio di queste fotografie imbevute di luce introduce all’ombra della prigione che stende sulla pelle il suo disegno a riquadri di freddo ferro, sbarre come lame, definendo la distanza con chi osserva, chi è fuori da chi è dentro. Lo stesso fa col sole che splende altrove nella sua interezza ma che qui arriva, anch’esso riquadrato, tornando immenso nel suo riflesso accecante per gli occhi, determinando il confine invalicabile di uno spazio chiuso.

E infine collo, schiena, braccia. Nudi, più lontani, proiettati nel passato o nel futuro senza sbarre con la china che disegna ali di libertà. Claudia Avventi